La
"didattica breve" e la didattica diversificata
Enzo Ruffaldi (1997 ?)
LA DIDATTICA BREVE
La didattica breve è intesa come "il complesso di tutte le metodologie
che, agli obiettivi della didattica tradizionale (rispetto del rigore scientifico
e dei contenuti delle varie discipline), aggiunge anche quello della drastica
riduzione del tempo necessario al loro insegnamento e al loro apprendimento"
(1).
La definizione è di Filippo Ciampolini,
ordinario di Elettrotecnica nella facoltà di Ingegneria all’Università
di Bologna ed attuale presidente dell’IRRSAE Emilia-Romagna, che è
stato il primo a proporre la "didattica breve", alla fine degli
anni Settanta, come metodologia specifica di insegnamento.
La didattica breve ha come obiettivo prioritario quello di una riduzione dei
tempi dell'apprendimento, che Ciampolini stima, per le materie scientifiche
nelle quali la sperimentazione è ormai ventennale, dell'ordine del
40-50%. Il tempo così "liberato" sarà disponibile
per attività diverse, quali il recupero, il lavoro individualizzato
o approfondimenti disciplinari.
Forse a prima vista può apparire paradossale, ma la "didattica
breve" sta assumendo importanza, in filosofia, parallelamente alla sempre
maggiore attenzione verso l'uso dei testi e la didattica approfondita. Il
paradosso è soltanto apparente. Si delinea in realtà un nuovo
modello didattico, fatto di esperienze filosofiche complesse, tali da comunicare
non soltanto dei contenuti ma un metodo di lavoro, cui si affianca l'esigenza
di individuare e presentare i nuclei concettuali irrinunciabili per la comprensione
della disciplina.
Dagli autori e dai testi analizzati emergono, come si è visto, quadri
concettuali fondamentali, ma non sempre completi. È importante che
l'insegnate abbia chiara una mappa concettuale completa della filosofia e
dei diversi ambiti in cui si articola e provveda a presentare in modo sintetico
ma efficace i nodi concettuali che non siano convenientemente affrontati mediante
i percorsi seguiti nella programmazione. In questo senso la "didattica
breve" può costituire un valido strumento. Questo metodo si propone
infatti di individuare gli aspetti concettualmente irrinunciabili, sfrondandoli
dagli aspetti secondari, in modo da produrre un apprendimento completo della
struttura concettuale di una disciplina in un tempo considerevolmente inferiore
rispetto a quello usuale.
LE FINALITÀ
Sarebbe tuttavia riduttivo assegnare alla didattica breve la sola finalità
del risparmio di tempo. Essa presenta infatti una serie di implicazioni di
un certo interesse. Intanto, la contrazione dei tempi presuppone che l'insegnante
si interroghi sulla struttura della propria materia, assumendo "la mentalità
da ricercatore di metodi" (2); la strategia
per arrivare alla contrazione dei tempi di cui si è detto passa attraverso
due operazioni: la distillazione (DST) e la ricerca metodologico - disciplinare
(RMD).
La DST consiste nell'analisi approfondita dei contenuti di una disciplina
per ricavarne i concetti fondamentali organizzati in modo gerarchico, ponendo
cioè in evidenza quali concetti sono richiesti per la comprensione
di altri. "Distillare una disciplina, o una sua parte, - scrive Ciampolini
- significa porre in evidenza le logiche fondamentali presenti nell'insegnamento
dell'intera disciplina o della parte in questione" (3).
Questa operazione richiede una ricerca sui contenuti e sul metodo che deve
essere condotta all'interno di ogni singola disciplina: la ricerca metodologica
e didattica non può cioè essere considerata, in questa prospettiva,
un ambito a sé, indipendente dalle discipline specifiche e i cui risultati
siano considerati validi per tutte. In concreto dovranno essere gli esperti
disciplinari, e possibilmente gli stessi insegnanti, a definire metodi e contenuti
della propria materia. Didattica e ricerca vengono in questo modo a costituire
un'attività unitaria, prospettive diverse dello stesso problema.
Ciampolini distingue tra una distillazione "verticale" e una "orizzontale".
La prima consiste nell'elenco dettagliato degli argomenti che il docente intende
presentare durante il corso di un anno scolastico. Per "argomento"
deve intendersi "ogni singolo ragionamento, ogni singola dimostrazione,
ogni singola osservazione, definizione, interpretazione, ecc. che il docente
giudichi opportuno proporre ai propri allievi durante l'effettivo svolgimento
delle sue lezioni" (4). Nonostante l'estrema
analiticità necessaria per una programmazione efficace, secondo Ciampolini
un corso annuale non supera i 200-300 argomenti. Questa operazione consente
di realizzare una grande pulizia concettuale, puntualizzando in modo preciso
tutti i passaggi significativi. In un certo senso si tratta di predisporre
una "mappa concettuale" molto dettagliata della materia.
LA
MAPPA
Tale mappa deve essere distribuita agli studenti che la useranno per seguire
lo svolgimento didattico del programma, per autoverificare il proprio apprendimento
e per colmare eventuali lacune o riprendere punti non compresi. Il coinvolgimento
degli studenti e la necessità che essi dispongano fin dall'inizio del
piano di insegnamento/apprendimento che verrà seguito, è uno
dei punti centrali della didattica breve. È un aspetto opportunamente
sottolineato da Armando Girotti:
Come avviene di solito una lezione? Normalmente si incomincia dall'analisi
di singole sfaccettature, di singoli paragrafi, di singole parti, che, solo
in fondo, formeranno un tutto. Mentre noi questo "tutto" lo abbiamo
già presente, lo studente deve costruirselo piano piano e, solo dopo
che avrà recepito l'intero, riuscirà a comprenderlo. Non è
didatticamente corretto proporgli una serie di sequenze che solo alla fine
assumano un senso unitario; la finalità non è quella di condurlo
all'interno di un film giallo che gli faccia scoprire il più tardi
possibile chi è l'assassino (conoscenza ottenuta per somma di singole
analisi), ma stiamo presentandogli, con funzione didattica, un territorio
di cui gli dobbiamo fornire le mappe; attraverso queste egli incomincerà
con noi ad esplorarlo, e tanto più agevolmente lo saprà ripercorrere
quanto più lo avrà compreso in profondità (sintesi come
gestione personale di singole analisi che però si inseriscono in un
complesso globale). (5)
La "mappa concettuale" dovrebbe diventare un vero e proprio strumento
di lavoro, da consultare e da discutere con gli studenti via via che i contenuti
si chiariscono, eventualmente da correggere o integrare, da ripercorrere con
loro per esaminare il cammino già fatto in modo che ognuno prenda coscienza
di eventuali lacune e l'insegnante possa predisporre opportuni interventi
individualizzati, di recupero o di consolidamento.
LA
DISTILLAZIONE
La distillazione orizzontale, che si affianca alla prima, consiste nell'articolazione
di ogni singolo argomento nei diversi momenti analitici. Mentre la distillazione
verticale definisce l'elenco degli argomenti in ordine sequenziale, quella
orizzontale specifica il modo di trattare ogni argomento e i passaggi interni
della sua presentazione. Nella distillazione orizzontale troverà posto
l'indicazione di tutti gli argomenti già trattati che vengono utilizzati
e richiamati per la presentazione o per la dimostrazione dell'argomento in
questione.
Tale modello è di facile applicazione per materie matematico-scientifiche,
nel cui ambito la DB è nata (6): la dimostrazione
di un teorema, ad esempio, si basa su una serie di presupposti già
dati che vengono richiamati nella distillazione orizzontale. In questo modo
vengono esplicitate tutte le connessioni logiche tra i concetti della materia.
Appena possibile, la distillazione orizzontale dovrà essere affidata
agli stessi studenti, che attraverso essa saranno portati a rielaborare la
disciplina e a ricostruirne le connessioni logiche.
Distillazione verticale, data dal docente, e orizzontale, costruita dallo
studente, costituiranno un importante strumento per il ripasso continuo della
disciplina. Ciampolini parla di "ricostruibilità" (7)
della stessa: lo studente ha gli strumenti per ricostruire e ripercorrere
i diversi argomenti e i passaggi logici che implicano, in modo da consolidare
l'interiorizzazione dei diversi punti, sicuro di disporre in ogni caso di
tutte le precondizioni per una effettiva comprensione.
Rimandiamo al libro di Ciampolini per una conoscenza più approfondita
della DB, che comprende una serie di tecniche e di modelli di presentazione
delle sequenze di apprendimento. Per ciò che qui interessa, conviene
sottolineare alcuni aspetti:
- La DB si basa fondamentalmente sul modello della lezione. Il docente predispone
la sequenza degli argomenti in cui si articola il corso (distillazione verticale)
e li espone agli studenti.
- La lezione prevede però un ruolo attivo degli studenti, i quali contribuiscono
a costruire i diversi momenti della distillazione orizzontale individuando
le connessioni logiche tra i diversi argomenti.
- Il modello proposto consente una individualizzazione dell'insegnamento che
si esprime nella possibilità di uno "studio guidato". Lo
studente, disponendo del quadro analitico dei vari passaggi, può ripercorrerli,
individuando le proprie lacune (autovalutazione) e richiedendo al docente
gli interventi necessari per superarle. In questa fase, l'insegnante assume
il ruolo di tutor, suggerendo attività individuali e seguendone gli
sviluppi. Nella scuola superiore (la DB è nata in ambito universitario)
ciò si traduce in un recupero in itinere condotto in modo razionale
e regolare.
ASPETTI
DB IN FILOSOFIA
La DB presenta, almeno per l'insegnamento della filosofia, limiti e rischi.
Qui non si tratta, infatti, semplicemente di acquisire dei contenuti o di
comprendere dei concetti, ma di "imparare a filosofare" con tutto
ciò che questa espressione significa. Per far ciò, è
necessario che gli studenti facciano esperienze filosofiche che richiedono
tempo. L'applicazione della didattica breve sembra opportuna nella presentazione
di argomenti di raccordo per completare, quando lo si giudichi necessario,
il quadro storico. Inoltre, una "distillazione" della disciplina,
per quanto il termine possa apparire sospetto, può servire per chiarire
il quadro concettuale della materia, per distinguere i concetti fondamentali
da quelli secondari o subordinati. Questa operazione, sempre utile, diviene
particolarmente importante per attività di recupero, specifiche o in
itinere, che è probabilmente l'ambito di applicazione maggiormente
produttivo dei principi della DB, almeno per quanto riguarda la filosofia.
L'aspetto più interessante, però, sembra essere la contrazione
dei tempi resa possibile dalla DB e che può tradursi in un modo innovativo
di gestire la didattica. Se oggi, approssimativamente, ogni insegnante dedica
due terzi delle proprie ore alle spiegazioni e un terzo alle verifiche, dimezzando
il tempo necessario per le spiegazioni si disporrà di un terzo delle
ore complessive per altre attività, come il recupero, l'insegnamento
individualizzato, gli esercizi. Meno banalmente, però, è possibile
dedicare questo tempo a una didattica, per così dire, "lunga".
Nella programmazione annuale l'insegnante potrà individuare alcuni
argomenti da trattare in modo approfondito: non attraverso lezioni tradizionali,
ma mediante l'analisi di testi, la costruzione di mappe concettuali, lo svolgimento
di ricerche, di attività di approfondimento, di esercizi. Si daranno
in questo modo agli alunni il metodo e gli strumenti per "fare filosofia".
Altri aspetti del programma, ritenuti comunque importanti per la comprensione
concettuale della disciplina, potranno essere invece trattati con il metodo
della DB.
Per usare un'espressione schematica, si passerebbe in questo modo da un didattica
"uniforme", in cui tutto è presentato nello stesso modo,
senza differenziare attività, contenuti e caratteristiche dei singoli,
a una didattica articolata, basata su presentazioni sintetiche ma comunque
complete, unite ad approfondimenti sviluppati con operazioni didattiche diverse
dalla lezione e differenziate per i singoli alunni, coinvolgendoli in attività
(analisi dei testi, esercizi individuali, lavori di gruppo) che li vedono
come protagonisti. L'insegnamento ne guadagnerebbe anche in termini di motivazione
e di varietà di stimoli.
IL RECUPERO TRANSDISCIPLINARE
Il problema del recupero è, o dovrebbe essere, strettamente connesso
a quello della programmazione. La funzione della verifica consiste proprio
nel controllo dell'apprendimento secondo gli obiettivi prefissati, intervenendo
in caso contrario o sul programma previsto o sugli studenti che mostrano carenze,
con un'azione, appunto, di recupero. Fino a pochi anni fa, però, la
predisposizione di attività di recupero è stata demandata ai
singoli insegnanti senza nessuna regolamentazione normativa. In realtà,
nella maggior parte dei casi, al recupero doveva provvedere lo studente stesso,
con le lezioni private o con lo studio estivo.
In seguito all'abolizione degli esami di riparazione il recupero è
stato inserito tra le attività esplicitamente previste e regolamentate,
con la possibilità di attivare appositi corsi, al di fuori del normale
orario di lezione. Nonostante la confusione prodotta dalle varie circolari
applicative, ognuna delle quali ha corretto e modificato quella precedente,
questi cambiamenti hanno posto il problema del recupero al centro della riflessione
pedagogica e didattica.
Si è soliti distinguere tra diverse modalità di recupero. Le
principali sono il recupero in itinere, da sviluppare durante le ore di insegnamento
(o assegnando lavoro domestico) attraverso interventi individualizzati, e
il recupero specifico, da realizzare mediante l'attivazione di appositi corsi,
in genere pomeridiani.
Su un piano più propriamente didattico si distingue poi un recupero
dei contenuti, relativamente a parti del programma non comprese da alcuni
alunni, e un recupero metodologico, finalizzato a ricostruire le abilità
e i concetti di base necessari per affrontare una determinata materia, per
rielaborarne in modo consapevole ed efficace i contenuti, per acquisire un
metodo di studio adeguato, ecc. Il primo è strettamente disciplinare,
mentre per il secondo occorre distinguere aspetti disciplinari (la padronanza
dei concetti di base di una disciplina) e aspetti più generali, che
coinvolgono più materie (capacità di analisi, di sintesi, di
rielaborazione e di espressione, ecc.).
ASPETTI
DEL RECUPERO IN DB
Queste distinzioni, che sono soltanto le principali, danno un'idea della complessità
del problema e spiegano perché in molti casi il recupero fallisca o
dia risultati piuttosto deludenti. La schematica classificazione proposta
è importante per definire i due parametri necessari per impostare un'efficace
azione di recupero: l'analisi del rapporto tra apprendimento insufficiente
e programmazione e la diagnosi del tipo di difficoltà presentate dal
singolo alunno.
Porre in relazione la verifica con l'insuccesso scolastico significa che l'insegnante
dovrà prima di tutto chiedersi se il proprio piano di lavoro e il metodo
usato è adeguato alla classe e ai processi di apprendimento della materia.
Per far ciò, dovrà essere preliminarmente definita una sorta
di "mappa" dei concetti di base che costituiscono le pre-condizioni
per l'apprendimento del programma proposto e dei nuovi concetti da presentare.
Andranno poi controllati ed eventualmente ridefiniti i metodi e le tecniche
didattiche impiegate, per facilitare la comprensione da parte degli studenti.
La valutazione relativa ai singoli alunni fornirà la misura degli eventuali
casi di insuccesso nell'apprendimento. Se il loro numero è limitato,
si dovrà intervenire mediante un recupero specifico. È importante
che gli strumenti di valutazione consentano di distinguere tra insuccesso
dovuto alla scarsa conoscenza di alcuni contenuti e quello da addebitare a
difficoltà di base (comprensione concettuale o padronanza del metodo).
Il secondo caso è ovviamente quello più complesso. Se sussistono
problemi di metodo o nella padronanza di abilità di base (comprensione
del testo, organizzazione dell'esposizione, ecc.) il recupero dovrà
necessariamente prevedere l'intervento coordinato di insegnanti di discipline
diverse. Questo tipo di recupero è il più complesso ma anche
l'unico che può affrontare alla radice i casi di effettiva difficoltà
nello studio, quelli destinati a tradursi, se non si fa nulla, in abbandono
scolastico o in uno studio superficiale, mnemonico, che forse può portare
a conseguire un titolo di studio, magari con qualche anno di ritardo, ma non
ad una formazione culturale effettiva.
Quando sussistono difficoltà di questo tipo, la filosofia è
una delle materie principali attraverso le quali organizzare il recupero,
come scrive Armando Girotti.
Proprio la filosofia può essere a ragione considerata come una delle
discipline fondamentalmente adatte all'attuazione della transdisciplinarità;
infatti, andare al di là dei contenuti, cui fa riferimento la interdisciplinarità,
aprirsi alle strutture mentali critiche e logiche che percorrono trasversalmente
le materie è proprio di questa disciplina; avendo di mira le micrologiche
che regolano i vari percorsi, nella ricerca di un utilizzo polivalente dei
contenuti, essa non si ferma a questi ma va ad interessarsi dei codici logici
che li governano. Non sarà facile progettare un lavoro di tal fatta
perché per idearlo occorre travalicare il proprio limitato confine
ed aprirsi al coinvolgimento dei docenti delle varie discipline con i quali
poter programmare percorsi didattici scanditi per moduli intrecciantisi. Occorre
uscire dalle finalità disciplinari, facendo loro perdere la centralità
che oggi condiziona negativamente le scelte e cercare, invece, in un'ottica
rivolta alla formazione critica degli studenti, i modelli di razionalità,
le strutture logiche transdisciplinari che regolano ogni disciplina (8).
DALLA DIDATTICA DEL RECUPERO ALL’INSEGNAMENTO INDIVIDUALIZZATO
Il merito dell'abolizione degli esami di riparazione, anche se attuata in
maniera frettolosa e approssimativa, è stato un sostanziale cambiamento
del modo di concepire la valutazione. Essa non è più da intendere
semplicemente come un accertamento delle conoscenze acquisite dall'alunno
in rapporto a quelle richieste dal programma e trasmesse dall'insegnante.
Alla scuola si chiede adesso di capire le ragioni degli eventuali insuccessi
e di rimuoverne, per quanto essa può fare, le cause. Ciò vuol
dire assumere una competenza nuova a proposito dei processi cognitivi per
conoscere le strategie cognitive dei singoli studenti, ed agire di conseguenza.
Nel recupero in itinere e, a maggior ragione, nei corsi di recupero specifici,
un semplice ripasso della materia o una riproposizione degli stessi contenuti
con gli stessi metodi non avrebbe senso, a meno che il ritardo non dipenda
da una scarsa applicazione allo studio da parte degli alunni.
Nei casi più diffusi, quando il recupero transdisciplinare non è
richiesto o non è realizzabile, il problema del recupero può
essere saldato con una esigenza più generale. Il limite maggiore della
scuola, in particolare di quella superiore, così come è organizzata,
non è probabilmente l'uso di un metodo di insegnamento tradizionale,
ma l'uso di un solo metodo per tutti gli alunni. Si pone il problema del recupero
in relazione a uno standard da raggiungere, per coloro che non lo raggiungono.
Uno standard, però, dovrebbe definire i punti di arrivo, le finalità
e gli obiettivi, e non tradursi anche in una uniformità di percorsi.
Non molti anni fa, Howard Gardner ha avanzato
la teoria delle "intelligenze multiple" (IM). Secondo Gardner non
è corretto parlare di "intelligenza", ma è preferibile
parlare di "intelligenze", al plurale, o meglio di diverse formae
mentis (9) ("frames of mind"). Individui
diversi, cioè, hanno competenze intellettive diverse, e usano differenti
strategie nella soluzione di problemi e nell'apprendimento. Gardner individua
sette diverse forme di "intelligenza": linguistica, musicale, logico-matematica,
spaziale, corporeo-cinestetica, l'intrapersonale e l'interpersonale. Ogni
epoca e ogni ambito disciplinare tende a privilegiare l'una o l'altra forma
mentis. La filosofia tende a potenziare quella logico-matematica, che d'altra
parte, secondo Gardner, è quella più importante per la nostra
epoca.
Da queste premesse Gardner trae l'indicazione pedagogica che "studenti
diversi possono venir raggiunti in modi diversi e l'esperto disciplinare risulta
essere colui che sa mostrare la propria padronanza della materia in modi molteplici
e flessibili" (10), per cui "un insegnante
capace, per venire a una definizione, è una persona capace di aprire
un gran numero di finestre diverse sullo stesso concetto" (11).
Riassumendo le argomentazioni di Gardner, possiamo dire che da un lato gli
studenti riescono meglio nelle discipline che sono loro più congeniali
a seconda del tipo di intelligenza in loro prevalente; d'altro lato, ed è
ciò che interessa la didattica, uguali obiettivi possono essere perseguiti
attraverso itinerari e strategie didattiche diverse. Ad esempio, fermo restando
che obiettivo importante dell'insegnamento della filosofia è imparare
ad argomentare e ad analizzare criticamente i problemi, esso può essere
conseguito da alcuni studenti attraverso la presentazione astratta di concetti
e sistemi di pensiero, mentre per altri può essere utile ricorrere
a rappresentazioni iconografiche, quali schemi, diagrammi o mappe concettuali,
o ancora a metafore oppure ad esemplificazioni.
Il cosiddetto recupero, in itinere o specifico che sia, dovrebbe allora mirare
a una conoscenza approfondita dei singoli studenti e all'impiego di strategie
didattiche individualizzate che si basino sulla particolare forma mentis di
ognuno. Ciò non vuol significare la rinuncia a una formazione "filosofica",
cioè all'apprendimento di capacità analitiche, argomentative,
ecc., ma richiede di giungere a questo obiettivo mediante l'impiego di metodi
e strumenti diversificati.
In questa prospettiva, il problema del recupero si pone in termini diversi,
rientra nell'ambito più vasto di un insegnamento individualizzato che
adatti la didattica alle strategie cognitive e ai tempi di apprendimento dei
singoli alunni.
L'insegnamento dovrebbe essere sempre individualizzato. Spesso non lo è
perché si parte dal presupposto che la maggior parte degli alunni abbia
lo stesso tipo di intelligenza e sia sensibile allo stesso tipo di motivazioni.
A volte questi presupposti creano insuccessi, ed è allora necessario
intervenire, proponendo strategie di apprendimento alternative.
In prima istanza si può dire che "l’istruzione individualizzata
consiste nell’adattare l’insegnamento alle caratteristiche individuali
degli alunni" (12). Se presa alla lettera,
questa definizione non può essere tradotta in una strategia operativa,
perché è impensabile, soprattutto nella scuola superiore dove
il rapporto tra ogni singolo insegnante e la classe è limitato a poche
ore settimanali, che l’azione didattica possa tener conto delle esigenze
di ogni singolo alunno. Si vuol dire piuttosto che l’insegnamento deve
essere flessibile e articolato, proponendo strategie di apprendimento diverse
e attività differenziate, in modo che ogni singolo studente possa trovare
la propria strada per l’apprendimento della materia. In questo senso,
piuttosto che di "insegnamento individualizzato" è forse
preferibile parlare di "insegnamento diversificato", in un duplice
senso: da un lato una diversificazione dei modelli didattici in modo da rispondere
alla diversità delle strategie cognitive, dall’altro lato, almeno
in alcuni momenti, una diversa articolazione della didattica, mediante il
lavoro di gruppo o attività diverse per i singoli alunni.
GLI ESERCIZI SCRITTI
Nonostante la mancanza, per adesso, di una riflessione approfondita sul problema
del recupero (o, più in generale, della diversificazione della didattica)
e degli strumenti da utilizzare, una cosa può essere affermata con
una ragionevole certezza: non è possibile neppure porre il problema,
se non si abbandona la concezione della filosofia come materia soltanto orale.
Prima ancora che valutazioni didattiche, sono i tempi e la struttura della
scuola che impongono il ricorso a esercizi scritti, se si vuol parlare di
recupero e di insegnamento differenziato. A questo proposito la ricerca didattica
in filosofia si va sempre maggiormente orientando verso esercizi scritti per
il consolidamento e il recupero, ma anche per stimolare ed esercitare la creatività,
la rielaborazione personale, la comprensione critica della materia. Mario
Trombino ha proposto una organica classificazione degli esercizi nella
didattica della filosofia, consultabile presso il sito Internet Il giardino
dei pensieri (13). Trombino individua varie tipologie
di esercizi, che ricordiamo in estrema sintesi per chi non ha accesso a Internet,
invitando gli altri a visitare direttamente l'interessante sito:
Prove d'ingresso: analisi e sintesi di testi (paragrafazione, spiegazione
di alcune parole, riassunto), studio di una situazione (analisi di un problema
filosofico, illustrato dall'insegnante), ecc.
Esercizi di analisi dei testi, articolati in sette diverse proposte, dalla
paragrafazione all'elaborazione di schemi, all'analisi del linguaggio figurato.
Esercizi di sintesi (riassunto, composizione su temi o problemi, questionari).
Dibattiti in classe, tra classi, a classi aperte.
Esercizi scritti di creatività, tipologia particolarmente ricca di
proposte, che vanno dalla lettera a un filosofo alla costruzione di una storia,
di un racconto o di un dialogo, da esercizi di imitazione di stile (sviluppare
un argomento rispettando lo stile, letterario e argomentativo, di un filosofo)
all'uso di linguaggi non verbali (illustrare un concetto con disegni, schemi,
ecc.).
Esercizi di confronto tra testi (testi di autori diversi su uno stesso tema).
Esercizi di riflessione: ricerca di esempi (descrivere una teoria attraverso
esempi); ricerca di argomentazioni a sostegno o contro tesi controverse o
contrapposte; analisi di casi (analizzare un caso di attualità mediante
le categorie interpretative di uno o più filosofi), ecc.
Gli esercizi sono presentati sotto forma di schede con l'indicazione delle
modalità di applicazione, delle regole di svolgimento e di valutazione
e delle occasioni in cui è opportuno usarli. Queste schede possono
essere tradotte dall'insegnante in una serie di proposte di lavoro per attività
individuali e di gruppo, nel contesto di una didattica diversificata, anche
se per molti aspetti la proposta di Trombino va al di là di questo
ambito, collocandosi nella prospettiva di una didattica attiva e del "fare
filosofia": di alcuni degli esercizi ricordati abbiamo infatti parlato
nel capitolo precedente, dedicato alle esperienze filosofiche. Le attività
da lui proposte, e quelle che abbiamo descritto, prefigurano una diversa organizzazione
della didattica e della classe, quella classe come laboratorio alla quale
si è fatto più volte riferimento .
Quando ci sono carenze in una particolare disciplina, queste non riguardano
mai, di norma, i soli contenuti. Quando ciò avviene, la soluzione è
semplice: invitare a studiare di più o creare motivazioni più
adeguate. I problemi più frequenti e più difficili, invece,
riguardano la mancanza di basi (ad esempio, la padronanza del lessico specifico)
e soprattutto quella di un metodo di studio adeguato.
In questi casi, il recupero non può svolgersi soltanto negli interventi
pomeridiani, di necessità circoscritti a pochi giorni, ma deve essere
continuo. Ciò non è ovviamente possibile in condizioni normali,
a meno di non modificare sensibilmente il modello didattico.
Una soluzione praticabile consiste nell'organizzare per alcuni periodi la
classe in modo da diversificare le attività per consentire interventi
individualizzati sugli alunni che sono a diversi livelli di apprendimento.
Gli studenti concordano periodicamente le attività da svolgere, di
recupero o di approfondimento a seconda del livello e degli interessi personali.
È importante predisporre il materiale necessario per lo svolgimento
delle diverse attività: opere filosofiche complete, antologie, schede,
ecc. Ogni studente deve essere in grado di organizzare da sé il proprio
lavoro e deve avere a disposizione ciò di cui ha bisogno. L'insegnante
potrà in questo modo intervenire a livello individuale, non solo per
il recupero ma anche per dare suggerimenti e indicazioni a chi svolge altre
attività. In ogni caso, si crea lo spazio per conoscere individualmente
i problemi degli alunni, per interventi mirati, per aiutare in modo particolare
chi ha difficoltà nella comprensione della materia o nel metodo di
studio a capire quali attività possono consentirgli di superarle, proseguendole
anche con il lavoro a casa.
Si può decidere, a seconda delle circostanze, del tipo di classe e
di difficoltà, di procedere in questo modo per un un'ora alla settimana,
o meglio per periodi più intensi e più distanziati, ad esempio
per un'intera settimana quando se ne ravvisi la necessità. Lo scopo
principale non è il lavoro effettivo svolto da ognuno in queste ore,
ma la possibilità di insegnare, intervenendo individualmente, come
fare per proseguire da sé, e ciò sia per chi ha necessità
di recuperare lacune, sia per chi ha le capacità e l'interesse per
approfondire per proprio conto aspetti specifici della filosofia.
__________________________________________
NOTE
(1) F. Ciampolini, La didattica breve, Bologna,
Il Mulino, 1993, p. 17.
(2) Ivi, p. 41.
(3) Ivi, p.44.
(4) Ivi, p. 46.
(5) A. Girotti, La didattica breve come disciplina
sensata nelle discipline filosofiche, "Bollettino della Società
Filosofica Italiana", 1997, 162, p. 47.
(6) Sono attualmente in corso sperimentazioni
per l'applicazione della DB alla filosofia. Se ne può trovare notizia
presso il sito Internet dell'IRRSAE dell'Emilia-Romagna, all'indirizzo: http://arci01.bo.cnr.it/irrsaeer/db/dbfra11.html
(7) F. Ciampolini, La didattica breve, cit.,
p. 56.
(8) A. Girotti, L'insegnamento della filosofia.
Dalla crisi alle nuove proposte, Padova, Unipress, 1996, p. 93.
(9) H. Gardner, Formae mentis, Milano, Feltrinelli,
1988, p. 28.
(10) H. Gardner, Educare al comprendere, Milano,
Feltrinelli, 1993, pp. 23-24.
(11) Ivi, p. 257.
(12) M. Baldacci, L’istruzione individualizzata,
Firenze, La Nuova Italia, 1993, p. 5.
(13) <http://www.ilgiardinodeipensieri.com/inizio.html>.
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