OTTO INTELLIGENZE E MEZZA
Fiorenzo Alfieri (2000)

a colloquio con Howard Gardner


 

Prof. Gardner lei nei suoi ultimi lavori ha dimostrato interesse per l'educazione come dimensione fondamentale umana. Quali sono state a suo parere le costanti dell'educazione attraverso i secoli?

R. Per molti anni, nelle nostre scuole in particolare, l'educazione è stata caratterizzata da quattro elementi costanti. Il primo è l'insegnamento della scrittura e dei numeri, quindi l'alfabetizzazione. Il secondo è lo studio di una serie di discipline che si è andata modificando nel tempo. Il terzo è l'aiuto che si dà ai singoli per permettere loro di svolgere il ruolo richiesto dalla società e quindi l'istruzione in funzione della professione Il quarto riguarda la trasmissione dei valori. Nessuna società può sopravvivere se i suoi valori fondanti non vengono trasmessi ai giovani.

D. In genere il riferimento ai valori assume contorni vaghi e fuggenti. Lei cosa intende per valori?


R. Credo che I' istruzione e l'educazione dovrebbero concentrarsi su tre elementi: che cosa è il vero, che cosa è il bello, che cosa è il bene.
Parlando della verità e della falsità intendo riferirmi a ciò che la società accetta o rifiuta. La maggior parte della cosiddetta verità è oggi determinata dalla scienza, ma non bisogna dimenticare la saggezza popolare. Ogni società ha inoltre i propri criteri di bellezza e bruttezza, così come è presente in ogni società il senso di quello che è bene e di quello che è male.
Un esempio di verità riconosciuta è la teoria dell'evoluzione di Darwin. Non è l'ultima possibile verità, ma certamente ci fa capire da dove veniamo noi esseri umani. Un esempio di bellezza è la musica di Mozart. Per quanto riguarda il bene e il male io credo che l'esempio più calzante sia l'Olocausto: esso ci dimostra il male di cui gli esseri umani siano capaci.
Al termine del percorso educativo bisogna arrivare ad avere un'idea di ciò che per la nostra società sono il vero, il bello, il bene (e i loro contrari ovviamente).
 
L'effetto scuola


D. Da lei gli educatori italiani si aspettano indicazioni su quelle che potremmo chiamare le "circostanze del capire". Quali sono le sue più recenti riflessioni al proposito?


R. Quando si parla di comprensione ci si riferisce normalmente ad un evento che parte dall'orecchio e arriva al cervello. Io vorrei suggerire un nuovo modo di considerare il problema. La comprensione è una performance pubblica è qualcosa che noi facciamo utilizzando le nostre capacità e la nostra conoscenza pregressa, quando ci troviamo di fronte ad una situazione nuova. Per me la comprensione è l'uso appropriato di qualcosa che si è già appreso, nel momento in cui si deve affrontare ciò che non si è mai visto o incontrato prima.
Finché la situazione ci è familiare, basta utilizzare la memoria; ma quando ci troviamo di fronte all'ignoto allora bisogna mobilitare la conoscenza che già si ha, lanciarla in campo, metterla alla prova. La nuova scienza cognitiva ha dimostrato che anche gli studenti delle nostre migliori scuole non comprendono granché. Magari danno la risposta giusta ad un test perché l'hanno memorizzata; ma si propone loro una situazione nuova, in cui devono applicare le conoscenze acquisite, normalmente falliscono. I migliori studenti di fisica, ad esempio, se devono spiegare come agiscono le forze quando si fa saltare una monetina danno più o meno la stessa risposta che darebbe un bambino di cinque anni. Tutta la loro istruzione non serve quasi a nulla
Molto presto nella loro vita i bambini sviluppano idee sul mondo: idee giuste o sbagliate. Poi vanno a scuola e lì su quelle idee si accumulano qualità enormi di informazioni che, come dei macigni le coprono e le schiacciano. Quando la scuola finisce, le montagne di informazioni scompaiono e si scopre che la comprensione non ne è stata influenzata per niente. Possiamo dire che finito l'effeto-scuola ognuno di noi si ritrova ad essere il bambino di cinque anni che era; un bambino non scolarizzato che si costruisce spontaneamente idee sul mondo che possono essere giuste o sbagliate


D. Non le sembra di esagerare?


R. No, assolutamente. Dite a una persona: hai un oggetto pesante in una nano e un oggetto leggero in un'altra. Se li fai cadere nello stesso momento quale di questi due oggetti cade per primo a terra? Galileo è salito sulla Torre di Pisa per fare questo esperimento e ci ha dimostrato che gli oggetti accelerano allo stesso modo indipendentemente dal peso, e quindi colpiscono il terreno nello stesso istante. Grazie a Newton abbiamo scoperto tante cose sul movimento e perché l'accelerazione si comporla in questo modo. La nostra intuizione però ci dice che l'oggetto pesante cade prima La cosa stupefacente è che quasi tutti gli studenti di fisica, presi a bruciapelo, vi danno la risposta intuitiva esattamente come i bambini di cinque anni Quando gli esseri umani sono piccoli sviluppano senza l'aiuto di nessuno, teorie intuitive basate sul buon senso. Un esempio di teoria della materia: gli oggetti pesanti cadono più rapidamente degli oggetti più leggeri. La teoria della vita: se una cosa si muove è viva se non si nuove è morta. Una teoria della mente: se tu sei come me anche la tua mente è come la mia, quindi vai bene: ma se sei diverso anche la tua mente è diversa e quindi non vai bene, sei cattivo. Queste sono teorie che gli individui sviluppano molto presto nella vita, sono molto potenti molto ben radicate nel cervello e di conseguenza nella mente. Però non sono vere. La scuola dovrebbe fare qualcosa per cambiare ma non lo fa. Come ho già detto, copre tutto con mucchi di informazioni e quando l'adulto lascia la scuola riprende a pensare come quando era bambino. Anzi sarebbe meglio dire che l'individuo ha sempre continuato a pensare allo stesso modo malgrado ciò che gli è stato insegnato a scuola. La scuola si è collocata su un binario parallelo e non ha avuto alcuna influenza sulla capacità di capire dell'individuo
Nel mio libro che in italiano è stato intitolato "Educare al comprendere" ho dimostrato i modi di ragionare degli adulti nei differenti settori: le scienze, la matematica la storia, le arti, la letteratura Anziché proporre una comprensione sofisticata dei fatti di realtà, gli adulti continuano a pensare più o meno come quando erano bambini. Facciamo l'esempio della teoria dell'evoluzione. Essa afferma che gli animali (compresi gli umani) e le piante cambiano a causa delle mutazioni e soltanto quelli che riescono a sopravvivere in una determinata nicchia si riprodurranno. Ebbene persone che hanno studiato per due anni la teoria dell' evoluzione pensano ancora ad un processo di perfezionamento guidato da una mano invisibile, che ha raggiunto il suo massimo con gli esseri umani. Anche se i biologi ci dicono che i parassiti possono sopravvivere più a lungo degli umani che i virus riescono a riprodursi infinitamente meglio di noi, il nostro pensiero intuitivo è che noi siamo i migliori e che le scimmie stanno al secondo posto.
A questo proposito però bisognerebbe anche parlare di intelligenza.
 
Le intelligenze multiple


D. Di intelligenza o di intelligenze?


R. Appunto: questo è il problema. A causa del tipo di società in cui viviamo e a causa delle idee che stanno alla base di questa società molti sono indotti a pensare che ognuno di noi possegga una certa quantità e un certo tipo di intelligenza, con i quali viene al mondo e che non possono cambiare. Gli psicologi possono dirci quanto siamo in gamba e questo è il nostro QI. E' interessante notare che questa idea di intelligenza non esiste in altre società, è tipicamente occidentale.
Buona parte del mio lavoro è proprio mirata a sfidare questo tipo di opinione. Ho dovuto eliminare tra i miei strumenti di ricerca innanzitutto i test, non perché siano del tutto inutili ma perché inducono inevitabilmente a considerare la capacità delle persone dal punto di vista linguistico o da quello logico. Il mio approccio all'intelligenza è completamente diverso, perché si basa sullo studio del cervello e del sistema nervoso e in particolare dell'evoluzione del cervello attraverso molte decine di migliaia di anni. Le mie convinzioni sull'intelligenza derivano dai confronto tra culture diverse e dal confronto tra soggetti diversi all'interno di una stessa coltura. Nel mio libro "Formae mentis" dicevo che ogni persona dispone di una serie di intelligenze molto diverse tra loro e che in ciascuno di noi una forma di intelligenza finisce per prevalere su tutte le altre. Allora parlavo di sette intelligenze (linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, fisico-cinestetica, intersociale e intrasociale.
Adesso sono sicuro che sono otto, forse otto e mezza. Infatti c'è senza dubbio un'intelligenza naturalistica, che implica il saper distinguere gli esseri viventi fra tutti gli altri oggetti. E sono fortemente tentato di pensare che esista anche un'intelligenza esistenziale che implica la capacità di riflettere, di pensare a che cosa siamo, da dove veniamo, dove andremo dopo la morte, che cosa è l'amore che lega le persone tra di loro.
Non ha alcun senso definire intelligenti solamente le persone che sono brave nel settore linguistico o nel settore logico-matematico. Non c'è alcun motivo intrinseco per considerare un'intelligenza più importante di un'altra. Sembra un fatto banale e invece è di cruciale importanza Sentiamo continuamente definire intelligente una persona solo perché, poniamo, scrive bene su un giornale. In qualche caso la si manda addirittura in Parlamento e si ha poi la sgradita sorpresa di scoprire che di politica non capisce nulla Se fossimo stati capaci di ragionare in termini di intelligenza multiple avremmo potuto dire con tutta tranquillità che quella persona ha una spiccata intelligenza linguistica e una scarsissima intelligenza intrasociale. Avremmo in questo modo evitato lo spreco di un seggio in Parlamento. Non mi pare, davvero, cosa da poco.


D. C'è chi dice che la teoria delle intelligenze multiple ha poco fondamento scientifico.


R. Partiamo dalla teoria dell'evoluzione. Noi in quanto specie ci siamo evoluti sino ad avere Otto, otto e mezza intelligenze. Invece di definire gli esseri umani come esseri razionali potremmo benissimo considerarli animali dotati di otto intelligenze e mezza. Se è vero che la ragione, l'intelligenza è una caratteristica della specie umana è altrettanto vero che vi sono grandi variazioni intellettuali tra un essere e l'altro. Mi pare molto aderente alla realtà dire che tutti siamo dotati di otto intelligenze e mezza e che però non tutti hanno le loro intelligenze nella stessa combinazione. Non troverete mai due persone, neanche due gemelli che abbiano intelligenze identiche. È talmente evidente la diversità esistente tra di noi che è difficile capire per quale motivo la psicologia non abbia prima d'ora, elaborato modelli interpretativi di tale diversità. Il passaggio dalla scienza cognitiva all'educazione, da questo punto di vista, è estremamente naturale. Quale teoria della mente hanno gli educatori? Come si rappresentano quelle intelligenze che per professione dovrebbero aiutare a crescere? Se consideriamo l'educazione da un punto di vista storico vediamo che la scuola per tanto tempo ha cercato di uniformare i suoi utenti, di farli parlare allo stesso modo delle stesse cose, di valutarli con gli stessi parametri. Ma questo avrebbe avuto senso se tutti avessero la mente conformata allo stesso modo. Oggi appare chiaro che la scuola deve rivolgersi agli individui, deve prendere seriamente in considerazione le differenze tra i bambini, cercando di insegnare ad ognuno di loro ciò che può essere capito nel modo migliore. lo non sono un fanatico delle tecnologie. Dal punto di vista che stiamo esaminando è indubbio però che esse potrebbero aiutarci nel mettere a disposizione di un gruppo di bambini modi diversi per imparare a capire.


D. Fatta questa disgressione sulla intelligenza, anzi sulle intelligenze, possiamo ritornare al problema del capire?

Il problema della comprensione è l'obiettivo principale che dobbiamo raggiungere è aiutare gli individui a capire che cosa è vero, che cosa è bello, che cosa è buono. Tutti studiano la fisica nucleare, i dipinti di Raffaello, le opere di Shakespeare, il fascismo. Se si vuole che le persone oltre a studiare capiscano cose di questo genere, c'è una sola cosa che dobbiamo fare. Una cosa molto difficile da accettare perché implica un cambiamento radicale dei modo di gestire le scuole. Deve essere abbandonata l'abitudine di coprire le conoscenze spontanee, implicite, autentiche (anche se sbagliate; dobbiamo smetterla di voler andare avanti comunque. Se vogliamo toccare tutti gli argomenti, imparare ogni tipo di regola geometrica, studiare tutte le teorie scientifiche, cercare di diventare tutti dei grandi artisti, ricostruire tutti i possibili eventi storici, dobbiamo sapere che la comprensione sarà impossibile. Qualche nostro allievo potrà vincere un quiz alla TV, ma la sua comprensione dei fatti non sarà molto diversa da quella di un bambino di cinque anni. Primo Levi ci ha fatto capire che cosa è stato l'Olocausto, ci ha insegnato cose sugli esseri umani che noi non conoscevamo, ci ha insegnato quanto cattivo può essere l'uomo, quanto crudele. E ci ha anche insegnato la bontà impressionante di certi esseri umani. Allora capire l'Olocausto si può, ma a certe condizioni. Primo Levi ci può aiutare.
Se vogliamo che le persone capiscano veramente, dobbiamo trovare la forza per spenderci, per passare con loro tutto il tempo che è necessario, per utilizzare le intelligenze multiple. Qualunque argomento al quale siamo disposti a dedicare del tempo può essere avvicinato in almeno sei modi diversi. Il primo approccio, a mio parere, è quello narrativo: le persone vengono agganciate facilmente mediante le storie, i racconti. Un secondo punto di vista è quello quantitativo: si ha bisogno di parlare di numeri, di frequenze, di medie statistiche. Un terzo angolo visuale è quello delle collocazioni e delle scansioni temporali. Un quarto pulito di vista è quello esistenziale che attiene al perché gli uomini fanno certe cose, agli scopi che si propongono. Un quinto punto di vista è quello artistico che porta a considerate le rappresentazioni creative che hanno riguardato nel tempo quell'argomento. Il sesto punto di vista lo potremmo definire cooperativo: riguarda l'importanza che riveste l'occuparsi in gruppo di un certo argomento, l'interagire con gli altri, l'ottimizzare il contributo di tutti.
Forse non è necessario che ogni argomento sia visto da questi sei diversi punti di vista: è però importante che vengano usati più modi di guardare uno stesso fatto di realtà. Ciò che importa è "scoprire anziché coprire ". Allora succederanno due cose stupende. La prima è che permetteremo a ciascun bambino di utilizzare l'approccio più adatto alla sua propria intelligenza. La seconda è che daremo a tutti la sensazione di aver capito, di avere conquistato confidenza con l'argomento, di poterlo gestire senza paura in ogni momento e in ogni evenienza.


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